LA STORIA A FUMETTI: IL DIARIO DI ANNE FRANK

A settant’anni dall’uscita del suo Diario, Anne Frank è ancora un simbolo importante della Shoah. La sua testimonianza ha fatto sì che il mondo prendesse in parte coscienza degli orrori perpetrati dal Nazismo, e l’ha resa la personificazione di milioni di persone schiacciate da un meccanismo tanto sistematico quanto spietato. Rimasto a lungo oggetto di discussioni e riflessioni, il diario è stato adattato più volte per il teatro, il cinema e la televisione. Il Fumetto non è rimasto a guardare: di recente è stata pubblicata la prima biografia ufficiale a fumetti di Anne Frank, ad opera di Sid Jacobson ed Ernie Colòn.

Ari Folman e David Polonsky, autori di un progetto originale e ambizioso, hanno scelto un approccio diverso: la trasposizione del Diario sotto forma di graphic novel. I due lavorano assieme dai tempi di Valzer con Bashir, film d’animazione scritto e diretto da Folman, basato sulla sua esperienza come soldato dell’esercito israeliano durante la guerra in Libano del 1982; in seguito Polonsky, art director del cortometraggio, ha realizzato le illustrazioni del fumetto omonimo.

L’idea per il Diario di Anne Frank a fumetti è stata proposta al duo artistico dall’Anne Frank Fonds (associazione benefica fondata a Basilea dal padre della ragazza, Otto Frank), allo scopo di continuare a tutelare la memoria storica e il messaggio di speranza racchiusi nel libro. Ari Folman è figlio di ebrei polacchi sopravvissuti ad Aushwitz, David Polonsky un israeliano di origine russa: è facile immaginare che abbiano avvertito maggiormente la responsabilità derivata dal dover adeguare il memoriale ad un altro mezzo espressivo senza stravolgerlo.

La storia della famiglia Frank è nota a tutti, almeno a grandi linee. Otto, sua moglie Edith e le figlie Margot ed Anne lasciano la Germania nel 1933, in seguito alle prime manifestazioni antisemite avvenute con l’ascesa al potere di Hitler; si traferiscono in Olanda, dove il signor Frank dirige la filiale della sua ditta Opekta. Ad Amsterdam Anne conduce un’esistenza spensierata, almeno fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale: i tedeschi occupano il paese e gli ebrei subiscono limitazioni della loro libertà personale sempre più restrittive.

Nel 1942 i Frank sono costretti a iniziare la loro vita in clandestinità nell’Alloggio Segreto, un rifugio preparato da Otto nell’edificio retrostante a quello della sua azienda. Presto si aggiungono altri inquilini, la famiglia Van Daan –  pseudonimo col quale Anne indica Hermann e Auguste Van Pels e il figlio Peter – e il dentista Albert Dussel, alias Fritz Pfeffer. Un ristretto gruppo di dipendenti di Otto aiuta i rifugiati portando loro regolari rifornimenti e cercando di tenere nascosta a chiunque l’esistenza del nascondiglio. Purtroppo, i loro sforzi risultano vani: nel 1944 la Gestapo fa irruzione nell’Alloggio Segreto in seguito a una delazione anonima e i clandestini vengono deportati nei campi di concentramento tedeschi. Alla fine della guerra, Otto Frank è l’unico sopravvissuto del gruppo. Entrato in possesso del diario della figlia, dedica il resto della sua vita alla diffusione del libro in tutto il mondo.

La prima difficoltà che si è presentata agli autori è stata quella di riassumere il Diario in un numero ridotto di pagine. Per non sacrificare i passaggi più significativi, hanno scelto di condensare periodi di più giorni o settimane in singole annotazioni. La parte introduttiva, ad esempio, va da quando Anne riceve in regalo il quaderno sul quale comincia a scrivere al trasferimento nell’Alloggio Segreto. In quattro date sono raccontate la storia della sua famiglia; la sua vita da ragazzina allegra, socievole e un po’ civettuola; il cappio che si stringe inesorabile attorno agli ebrei, prima in Germania e poi in Olanda.

Ciò crea un amalgamarsi di situazioni non sempre esatto sul piano cronologico, ma si tratta di differenze irrilevanti. Alcune annotazioni del diario sono state riportate invece integralmente, ciascuna corredata da una singola immagine. Il lavoro di sintesi è comunque notevole, riuscendo talvolta a racchiudere in una singola pagina argomenti che nel testo originale sono trattati a più riprese (come nella tavola che illustra il rapporto conflittuale fra Anne e sua sorella Margot).

I disegni aiutano a mantenere intatto lo spirito del Diario, dandogli al contempo una forma nuova. Polonsky gioca molto con il contrasto fra l’ordinarietà della vita dei “prigionieri”, costretti a mansioni e passatempi ripetitivi, e il tono surreale di certe vignette. Tale espediente è usato per enfatizzare il pungente senso dell’umorismo di Anne, spesso rivolto verso i suoi coinquilini, ma anche la sensibilità, l’intelligenza e l’immaginazione della ragazza, nonché i suoi momenti di sconforto.

Nella loro varietà, le illustrazioni sono sempre facilmente leggibili, anche in assenza di una griglia regolare di vignette; le splash page sono abbastanza frequenti. Le fisionomie dei personaggi principali, che si rifanno alle fotografie pervenute fino ai giorni nostri, delineano bene le loro personalità. Anne è ovviamente il personaggio più espressivo; a volte ha un’aria eccessivamente adulta, ma va ricordato che più il Diario va avanti e più manifesta una maturità insolita per la sua età.

Facendo un confronto con la già citata biografia di Jacobson e Colòn, che nel suo articolo Fulvio Vergnani definisce come “un’opera sicuramente interessante dal punto di vista dei contenuti e della correttezza filologica, esattamente inquadrata storicamente, ma poco riuscita dal punto di vista grafico e poco efficace nel coinvolgere il lettore”, Anne Frank – Diario di Ari Folman e David Polonsky riesce a raggiungere lo scopo prefissato: rendere il lettore partecipe a livello emotivo, mantenendosi fedele alla fonte storica.

La loro trasposizione è particolarmente adatta ai ragazzi, soggetti ai quali è importante far conoscere questo testo ma che spesso lo trovano un po’ ostico. Dunque, l’opera di Folman e Polonsky rimarca anche le potenzialità del fumetto come mezzo educativo e di divulgazione alla portata di un pubblico vasto. In tempi come questi, nei quali è importante più che mai mantenere viva la memoria su certe tragedie, è una qualità da non sottovalutare.

[Articolo pubblicato su Lo Spazio Bianco il 23/11/2017]