“BLANKETS”, LA BELLEZZA DEL PRIMO AMORE SECONDO CRAIG THOMPSON

Quella di oggi è una recensione piuttosto impegnativa. Non faticosa da leggere (almeno spero), ma sicuramente difficile da scrivere. Nel misurarsi con un Classico come Blankets, infatti, si ha più l’impressione di avere a che fare con un romanzo piuttosto che con un fumetto. Ciò non solo per la sua corposità (quasi 600 pagine), ma anche – soprattutto – per la sua storia e per il ritmo con il quale è raccontata. Non a caso, quando nel 2003 il Times nomina Blankets graphic novel dell’anno, il critico Andrew D. Arnold definisce l’opera “un grande romanzo americano”.
Rimanendo fedeli a quest’affermazione, il lavoro di Craig Thompson si potrebbe descrivere come un romanzo di formazione autobiografico. Infatti il protagonista è l’autore stesso, che racconta la sua vita dall’infanzia (trascorsa in una comunità agricola del Wisconsin) all’affacciarsi della vita adulta.

Fin da subito si avverte il desiderio di Craig di fuggire da una realtà oppressiva: i suoi genitori sono “cristiani rinati”, cioè fedeli fondamentalisti di religione protestante, e in quanto tali si attengono ai precetti dell’Antico Testamento e dei Vangeli. L’educazione che i due impartiscono ai propri figli è quindi piuttosto rigida, soprattutto perché il padre è un uomo autoritario e severo. Il piccolo Craig prova sentimenti confusi verso la religione, continuamente intimorito da un Dio che è minaccioso ma al tempo stesso buono e giusto. Altra fonte di oppressione è la scuola, poiché ogni giorno Craig è perseguitato senza pietà dai bulli.
Non stupisce, dunque, che il bambino cerchi di evadere dalla realtà in cui vive. Spesso lo fa giocando con il fratellino Phil: di giorno i due si avventurano nella sterminata campagna attorno alla loro casa; di notte, costretti a dormire nello stesso letto, bisticciano o immaginano naufragi e avventure di ogni sorta. La fuga di Craig dal mondo reale però è per lo più solitaria, e i suoi mezzi preferiti per compierla sono sognare e disegnare (anche se la seconda attività lo avvicina molto al fratello, che condivide la sua stessa passione seppure per motivi diversi).

La svolta nella vita del protagonista arriva con l’adolescenza. Durante la permanenza in un campo invernale della parrocchia Craig conosce Raina, una ragazza del Michigan che diventerà il suo primo amore.
Il legame che s’instaura fra Craig e Raina (nonostante la distanza che li separa) è il punto centrale del romanzo. I primi tempi il rapporto è solo epistolare: i ragazzi si scambiano timide lettere, bigliettini e piccoli regali. Tutto questo continua finché Craig non va a trovare Raina ed è ospite a casa sua per due settimane. Lì, tra piccoli gesti furtivi scambiati in mezzo alla confusione che regna nella famiglia di lei, sboccia l’amore. Un sentimento tenero, delicato e incerto, come solo un amore fra ragazzi può essere.


Uno dei pregi di Blankets è quello di essere una storia sentimentale nel senso positivo del termine. Thompson descrive la sua storia d’amore con aggraziato realismo, rendendo al meglio tutte le sfaccettature di una relazione adolescenziale appena nata: la dolcezza un po’ goffa, i lunghi silenzi, l’entusiasmo spensierato, le esitazioni.  C’è il romanticismo, che però non scade mai nella sdolcinatezza. A tal proposito, sono molto belli i passaggi in cui Craig loda fra sé la bellezza di Raina attraverso i passaggi della Bibbia, o quelli nei quali i due dormono assieme, abbracciati.

Un altro punto forte dell’opera sono i disegni: lo stile di Thompson, elegante seppur “spigoloso”, riesce ad adattarsi a ogni situazione da lui descritta. Dai sogni infantili alle angosce, dai momenti giocosi a quelli mistici. Le sfaccettature della vita e dell’animo umano sono rese al meglio, con un’atmosfera costantemente in bilico tra realtà e sogno.

Come ho già detto, Blankets è un’opera complessa. È un racconto sull’infanzia e la giovinezza, sulla religione e il rapporto fra l’uomo e Dio, sulla poesia e l’amore (anche per le piccole cose). Ma è anche un romanzo che parla della paura, dei tentativi di trovare il proprio posto bel mondo, della ricerca di un proprio equilibrio e di serenità.

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Ci sarebbe ancora molto da dire al riguardo. Ma preferisco fermarmi qui, ed invitarvi a scoprire da soli (se ancora non l’avete fatto) ciò che Thompson ha da raccontare in una delle sue opere più riuscite. Non rimarrete delusi, fidatevi.

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