“VA TUTTO BENE”, LA BERLINO PIENA DI SOGNI DI MADRIGAL

Copertina internaQui tutti hanno un progetto. Sopportano un lavoro part-time per portare avanti i loro sogni. Non tutti, però, ce la fanno. Io ne sono un chiaro esempio”. A parlare così è Sara, una giovane piena di idee ma con scarsa capacità di metterle in pratica: una volta svanito l’entusiasmo iniziale, infatti, la ragazza ha sempre abbandonato i progetti che aveva iniziato. Per questo motivo, quando Sara annuncia di voler aprire un negozio a suo dire rivoluzionario, i suoi amici si dividono tra incoraggiamento e scetticismo. Soprattutto Daniel, che con lei ha un rapporto quasi fraterno, cerca di metterla in guardia contro un possibile fallimento. Ma stavolta Sara sembra più determinata che mai, e non ha alcuna intenzione di rinunciare.

In Un lavoro vero, il suo primo romanzo, Alberto Madrigal ha descritto attraverso il proprio alter-ego Javi le difficoltà incontrate quando, una volta lasciato il suo paese e trasferitosi in Germania, si è imbarcato nell’impresa di diventare un fumettista professionista. Con Va tutto bene l’autore spagnolo ormai affermato torna a raccontare una storia che, pur non essendo autobiografica, di certo racchiude un bel pezzo di sé. Non a caso la vicenda è ambientata a Berlino, la stessa città dove Madrigal ha mosso i primi passi della sua carriera artistica. Quella che, alla fine, è diventata sul serio “un lavoro vero”.

Dunque, di cosa parla Va tutto bene? Si potrebbe dire che il tema centrale del romanzo sia l’importanza di seguire i propri sogni, ma è più corretto affermare che tratta di tutto ciò che gravita attorno a questa decisione: l’ansia, i molteplici tentativi, la necessità di ricevere sostegno dalle persone che ci sono vicine; ma anche le speranze, l’entusiasmo, l’ottimismo a tratti irragionevole. In sostanza, l’autore ritrae con onestà ciò che comporta nella vita reale coltivare ad ogni costo le proprie ambizioni, nel bene e nel male. Sara rappresenta solo una faccia della medaglia, in questo senso, poiché mentre lei si approccia alla ricerca di un lavoro in modo creativo, il suo amico Daniel ha accantonato i suoi sogni già da un po’ in favore di esigenze più pratiche (“Voglio soltanto svegliarmi la mattina e andare in ufficio, capisci?” dice alla sua fidanzata Eva, sfogandosi dopo una lite accesa). I protagonisti di Madrigal, dunque, rappresentano le varie sfaccettature dei progetti e dei desideri – spesso negati – dei giovani d’oggi, che si trovano a vivere un periodo di crisi generalizzata.

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Come tutte le storie verosimili fortemente ancorate nel contesto del quotidiano, Va tutto bene rischia di non risultare troppo originale, specie perché tratta un argomento già abbondantemente esplorato. Eppure, al racconto di Madrigal va riconosciuto il merito d’interpretare in modo personale un problema comune, oltre al fatto di essere estremamente attuale. Parlando di difetti veri e propri, forse i personaggi potevano essere più approfonditi: benché la storia vada a indagare aspetti molto personali dei protagonisti (i sogni, i legami affettivi, le delusioni, i rancori), infatti, l’impressione generale è che l’autore abbia grattato solo la superficie della loro personalità. Gli stessi Sara e Daniel, ad esempio, sono indubbiamente protagonisti realistici ma al tempo stesso trasmettono un senso d’indefinito, come se mancasse qualcosa a renderli più concreti.

Articolo1Le capacità di Alberto Madrigal come sceneggiatore, tuttavia, compensano questo problema. Le sue inquadrature quasi cinematografiche rendono al meglio i luoghi rappresentati. La Berlino sullo sfondo è a tratti colorata e vivace, a tratti cristallizzata nella quiete dell’alba o della notte, ma sempre viva. Lo stesso discorso vale per i luoghi chiusi: che si tratti dell’interno di un locale o di un intimo salotto, il lettore ne percepisce immediatamente l’atmosfera e il vissuto delle persone che li animano. Inoltre, vi è un buon uso dei momenti di silenzio. Nonostante la presenza di numerose tavole dove non viene detta neanche una parola, infatti, quelli di Va tutto bene sono silenzi “pieni” ed eloquenti, che costituiscono una parte integrante della storia.

Il tratto dell’autore, fortemente influenzato da quello di Gipi, è piuttosto essenziale ma al tempo stesso non privo di dettagli. A rafforzare l’espressività dei personaggi, compensando il fatto che i loro volti siano spesso appena abbozzati, contribuisce l’ampia gamma di colori chiari e cangianti di cui Madrigal fa uso.

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Il bilancio complessivo dell’opera è abbastanza positivo: anche se personalmente non lo definirei come il “piccolo gioiello” presentato dalla Bao, di certo è una storia apprezzabile, realistica e venata di una lieve malinconia. Un prodotto valido, che spinge a chiederci quale direzione il talento di Alberto Madrigal prenderà in futuro, e in che modo sceglierà di sorprenderci.

[Articolo pubblicato su Lo Spazio Bianco il 14/07/2015]