IL CUORE OSCURO DEL TEXAS: I VAMPIRI A STELLE E STRISCE DI REDNECK

Vampiri in Texas: così si potrebbe riassumere la premessa alla base di Redneck. Fin dalla copertina esplosiva del primo albo, Donny Cates e Lisandro Estherren ci catapultano dritti nel loro racconto, che riesce a essere non convenzionale pur parlando di creature ormai ben radicate nell’immaginario collettivo.

Stabiliti da tempo immemore ai confini di una piccola città del Texas orientale, i Bowman hanno trovato un modo per vivere senza uccidere gli umani: allevano bestiame, si nutrono del sangue ricavato dalla macellazione e, tramite dei collaboratori fidati, gestiscono un ristorante di carne alla brace che gli permette di comprare altri animali. Una scelta dettata da un passato di persecuzioni, al quale hanno deciso di sottrarsi conducendo un’esistenza semplice e ritirata dal mondo.

L’isolamento che si sono imposti all’interno del loro ranch è duro da sopportare, però, così come non è sempre facile tenere a bada l’istinto. Il riaffiorare degli antichi rancori che legano i Bowman ai Landry, una famiglia umana del luogo, è la miccia che innesca una serie di eventi dalle conseguenze tragiche.

La serie ideata da Donny Cates è un curioso ma affascinante patchwork di generi narrativi – horror, azione e dramma legati da un pizzico d’ironia – ambientato in uno scenario inusuale per una storia di vampiri, che tra l’altro non sono i carnefici, bensì le vittime degli umani. L’autore insiste spesso su questo rovesciamento di prospettiva: la priorità assoluta dei Bowman è sfuggire alla caccia perpetrata nei confronti della loro specie, e per farlo hanno scelto di rinunciare alla propria natura.

Ma se i cattivi della situazione sono i vivi (che si comportano decisamente come tali), i non-morti non sono completamente buoni; seppure siano individui per lo più ragionevoli, l’istinto e determinate circostanze possono far sì che la loro sete di sangue prevalga sulla razionalità. Il confine tra bene e male, come accade spesso nella realtà, è tutt’altro che netto.

Un punto di forza del primo volume, intitolato In fondo al cuore, è che Cates ci presenta molti protagonisti, permettendoci di inquadrare subito il loro carattere e facendoli agire in modo coerente alle loro personalità: JV, il capofamiglia, è il più apprensivo ma anche il più determinato a proteggere gli altri; i figli maggiori Seamus, Greg e Slap sono dei sempliciotti che faticano a seguire le direttive paterne, soprattutto per quanto riguarda l’isolamento nei boschi; Perry, la piccola di casa dotata di particolari poteri, si dimostra sveglia e determinata; il nonno, un essere antichissimo che vive confinato nella soffitta, disapprova lo stile di vita dei suoi discendenti poiché fermamente convinto del predominio dei vampiri sulla razza umana (dopotutto siamo in Texas, non poteva mancare un vecchio reazionario nostalgico dei  bei tempi andati).

Ultimo ma non meno importante è Bartlett, la voce narrante di questo numero: membro “adottivo” della famiglia Bowman, si trova invischiato suo malgrado negli eventi che portano a un cambiamento radicale nell’esistenza del gruppo. Ciò fa riaffiorare in lui vecchi sensi di colpa, risvegliando le inquietudini di un passato che ancora lo tormenta e di un presente nel quale bisogna continuamente guardarsi le spalle per sopravvivere.

La narrazione è serratissima: i dialoghi sono concisi e senza fronzoli, come richiesto dall’ambientazione (un Sud aspro e feroce, in questo molto simile al Texas descritto più volte in vari film e romanzi), e la progressiva escalation di violenza tiene incollati alle pagine. La trama non è del tutto priva di sbavature, ma nel complesso si tratta di un volume avvincente che, pur svelando parecchi dettagli, lascia presagire l’arrivo di altrettanti colpi di scena. Restando in tema, si può dire che ci sia parecchia carne al fuoco.

I disegni di Lisandro Estherren danno una carica particolare al racconto: il tratto ruvido esalta la brutalità delle vicende narrate e rende volutamente sgradevoli i volti dei personaggi – sia umani sia vampiri –, che spesso diventano maschere ferine. Se a una prima occhiata può sembrare uno stile rozzo, guardando con più attenzione si nota una certa cura per i dettagli, soprattutto per quanto riguarda la mimica e i gesti dei soggetti; il risultato non è sempre ottimale, ma le illustrazioni sono funzionali alla storia. Appropriati anche i colori scuri di Dee Cunniffe, virati sui toni del blu, che calano il lettore nelle atmosfere crepuscolari e notturne in cui vivono i non-morti.

Fumetto diviso tra il serio e il faceto, Redneck sembrerebbe una scommessa riuscita: i vampiri sudisti di Cates ed Estherren sorprendono, divertono e tengono il lettore col fiato sospeso. Sfortunatamente per i Bowman, il sapore amaro con cui si conclude In fondo al cuore lascia presagire un futuro tutt’altro che roseo. Per dirla con le parole di Bartlett, “Non esiste lieto fine quando vivi per sempre”.

[Articolo pubblicato su Lo Spazio Bianco il 8/06/18]